Riflessioni di una psicoterapeuta che si prende una pausa e va in vacanza

E arriva anche quest’anno il momento della pausa estiva, mercoledì sera ho chiuso lo studio a Foglizzo, oggi tocca alla mia stanzetta a Chivasso, tempo di chiudere dietro quelle porte il lavoro di psicoterapeuta.

psicoterapeuta Foglizzo e Chivasso

psicoterapeuta Foglizzo e Chivasso


Tanti pensieri, tanto impegno, il mio impegno nel dare il meglio di me nell’accogliere le sofferenze che portano i pazienti, a volte sono sofferenze sussurrate, che faticano a sentirsi il diritto di essere raccontate, altre volte sono disperazioni così intense da toglierti il fiato… e lo respiri quel dolore, quella mancanza di speranza, ti travolge a tal punto che poi torni a casa la sera e ti sembra solo di averci messo un po’ di distanza per poterla gestire e per provare a dare un po’ di speranza a vite in cui la speranza sembra essersi arresa… Ti sembra solo, perché quella porta la chiudi, torni a casa, sai che è giusto e anche necessario racchiudere in un contenitore tanto dolore, ma poi questo dolore esce, provi a dormire ma i pensieri tornano lì, rimbalzano potenti e non riesci proprio a tenerli chiusi fino alla settimana successiva, al prossimo incontro.

È anche per questo che mi riservo più settimane, sospendo il lavoro e mi prendo il tempo tutto per me e per la mia famiglia, i miei affetti e i miei passatempi. Sento il bisogno di poter vivere qualche settimana nella leggerezza, per recuperare energie e ripartire con nuovo slancio, per poter sostenere il peso delle storie preziose costellate di ferite che implorano per essere rimarginate, perché ognuna di queste storie merita di essere accolta con tanto rispetto, con calore umano e con la giusta distanza per poter prendere insieme i pezzi sparpagliati e come un puzzle collocare i vari pezzi per scoprire un nuovo panorama.

Poi però stasera chiudendo quella porta, dopo aver staccato la tenda da portare a casa a lavare (perché anche le psicologhe fanno il bucato e si occupano delle cose pratiche che si fanno in tutte le case…) mi sono ritrovata a pensare che in fondo anche in queste vacanze come ogni anno, i miei pazienti continueranno a far parte dei miei pensieri, sbucheranno qua e là, quando incrociando una donna incinta mi tornerà in mente quella mamma che attende di conoscere il tesoro che porta in grembo o quella donna che purtroppo non riesce a realizzare il suo sogno di maternità, incontrando una coppia innamorata torneranno in mente quelle relazioni sofferenti che si feriscono anche se non vogliono, sentendo un padre che sgrida bruscamente il figlioletto, andrò con la mente a quei genitori che non hanno ancora trovato sintonia con i loro bambini, perché le ferite della loro infanzia sono una zavorra che li trascina sempre nello stesso errore.
E l’elenco potrebbe essere molto lungo, perché ogni storia che incontro ha la sua unicità, i suoi intrecci e la strada da imboccare per tornare a stare bene.

Mi sono ritrovata a pensare a questo e ad invidiare un po’ chi invece chiude la porta del proprio ufficio, spegne il pc, chiude l’agenda e davvero per quelle 2 o 3 settimane si dimentica le proprie mansioni… so che succede così, almeno a me capitava così quando un po’ di anni fa per poter essere ciò che sono oggi, lavoravo in azienda con mansioni impiegatizie… davvero quando tornavo in ufficio mi capitava di non ricordare nemmeno più la password del mio computer o il pin del cellulare aziendale… e dovevo riprendere gli appunti per ricostruire e recuperare le attività da svolgere.
Ho provato un po’ di invidia, ho sentito che tutto questo è impegnativo, in fondo ti sembra di lavorare sempre, se poi aggiungiamo che la libera professione un po’ è così, lavori anche alle 11 di sera dopo aver messo a letto i figli, lavori al mattino quando ti metti la sveglia alle 6 perché devi preparare le slide per quella conferenza, sennò quando lo trovi in tempo… e rimpiangi le pause pranzo spensierate con i colleghi al bar, perché quel paziente riesce ad esserci solo a quell’ora…

Sì, ho sentito che tutto questo è molto impegnativo, ma poi altri pensieri mi hanno sfiorata e mi sono resa conto che non vorrei fare cambio con altro, perché mi sembra di risentire quella volta in cui una persona che finalmente si è sentita libera dai fantasmi del passato e “quel ricordo non punge più”, oppure il sorriso di quell’altra persona che finalmente ha ritrovato il sorriso e il desiderio di guardare avanti, riconoscendo che di quell’esperienza negativa e destabilizzante resta un insegnamento e una maggiore forza per affrontare la vita, o ancora quella persona che dopo tanti anni si è data il permesso di cominciare a prendersi un po’ più cura di sé, sentendosi di poter fare piccoli ma importanti gesti, che potrebbero essere tanto “banali” e comuni per ciascuno di noi, ma altrettanto nuovi, intensi e densi di significati per lei…

Ecco, penso a questo e mi emoziono e penso che non farei cambio con altro lavoro al mondo… e così mi accingo ad andare in vacanza senza sentirmi appesantita, anzi arricchita da ogni storia che le persone si danno il permesso di condividere con me.

P.S. Gli esempi riportati in queste riflessioni prendono spunto da pazienti passati, presenti e probabilmente futuri, ma non fanno riferimento a nessuno di loro in particolare.