Del narrare le proprie storie ovvero del valore terapeutico della narrazione.

Maria è una donna che ha chiesto aiuto per affrontare i fantasmi del suo passato… non è una paziente reale, potrebbe essere “tutti i pazienti” perché la sua storia racchiude un po’ delle esperienze di tutte le persone che ogni giorno varcano la soglia dello studio di uno psicoterapeuta per ritrovarsi e ritrovare la strada persa.

Il valore terapeutico della narrazione

In realtà quando Maria con grande fatica ha trovato il coraggio di chiedere aiuto non sapeva che la sua sofferenza arrivava da quei fantasmi, ha imparato a conoscerli a poco a poco, ha provato stare insieme a loro, all’inizio lottando, poi provando giorno dopo giorno ad allearsi con loro, a “farseli amici” per diventare una squadra che ha un obiettivo comune da raggiungere.
All’inizio è stato difficile trovare la trama dei suoi racconti, c’era confusione, terrore e la sensazione di essere bloccati lì, senza via d’uscita. Ma a poco a poco, man mano che la relazione terapeutica si rinforzava e restituiva un po’ di quella fiducia mai sentita fino in fondo nella vita di tutti i giorni, Maria si è data il permesso di raccontarsi, di mettere insieme i pezzi della sua vita; il percorso non è stato così lineare e semplice come ve lo sto raccontando: è stato un viaggio sulle montagne russe dove Maria stava un po’ meglio e poi tornava a rivivere il suo dolore. Sembra incredibile e anche un po’ paradossale, ma il cambiamento tanto sperato, da sempre agognato è fonte di grande paura e di insicurezza.
Ma alla fine Maria ce l’ha fatta, ora la sua storia ha ritrovato un senso, il suo senso e la sua unicità, la sua direzione, non sappiamo se è la direzione migliore, se ci sono alternative, ma è sua, “unica e irripetibile”. Niente è stato cancellato, tutto è stato riletto con una nuova luce… e ora giorno dopo giorno Maria vive la sua vita e scrive nuovi capitoli, alcuni sono sereni, altri sono adombrati da qualche nube, ma ormai sono nubi passeggere che Maria sa come affrontare grazie alle risorse che ha messo nel suo zainetto.

La storia di Maria è una storia di grande coraggio e forza, che esemplifica l’importanza del narrare e del narrarsi in psicoterapia, ci sono storie “rimosse”, storie “indicibili”, storie “inaccessibili”, a volte sono storie mai raccontate che trovano spazio per essere finalmente condivise per la prima volta all’interno di una relazione non giudicante ed accogliente. Proprio questa con-divisione, che accolgo in primis con grande empatia e sensibilità, spesso rappresenta un passaggio importante verso altre aperture, verso il darsi il permesso di evolvere e di cambiare, come è stato per Maria.

Ma il racconto è centrale nella vita di tutti i giorni. Raccontare storie è un processo naturale che ci appartiene da sempre, sia da un punto di vista evoluzionistico della nostra specie, sia da un punto di vista evolutivo di ogni individuo; da sempre l’uomo cerca codici e strumenti per lasciare tracce della propria esistenza e delle proprie esperienze e per condividerle con gli altri, dalla pittura rupestre, ai geroglifici passando per la scrittura. E per arrivare ai giorni nostri alle pagine dei social che così tanto successo stanno avendo, sintomo evidente di un bisogno sempre più pressante e forse non soddisfatto, nonostante le molteplici possibilità che oggi abbiamo a nostra disposizione.
E poi i nonni raccontano le storie ai loro nipotini, ci “facciamo delle storie”, ascoltiamo le storie raccontate da canzoni, film e leggiamo libri per scoprire nuove storie… insomma possiamo dire che “siamo la nostra storia”.

Purtroppo la realtà di oggi ci porta a vivere sempre accelerando, accumulando oggetti ed esperienze e non dà spazio per fermarci ad assaporare gli eventi, raggiunto un obiettivo, subito dobbiamo andare a caccia di un altro traguardo, mentre sarebbe molto importante soffermarci un po’ di più a rileggere le nostre vicende, le nostre “storie”, per trarre molti benefici da questa elaborazione.

Raccontare ci permette di dare ordine alle nostre esperienze, ci può dare la possibilità di riscoprire eventi dimenticati o accantonati senza averne dato il giusto peso, un po’ come quando facciamo ordine in un cassetto e ritroviamo quell’oggetto magari tanto desiderato e poi per gli strani casi della vita messo da parte ed “archiviato”: ritrovarlo ci dà modo di riconnetterci a quelle emozioni ma ancor di più, di riscoprirne di nuove alla luce di ciò che siamo diventati oggi, dando nuovo senso e significato a ciò che è stato tanto tempo fa.

E questo è un altro grande valore della narrazione, perché il fulcro non è tanto la “verità” della nostra storia, ma la rilettura che ne permette una maggiore integrazione, una nuova visione che ci può aiutare ad inserire un tassello che sembrava slegato dalla nostra storia, nella trama della nostra vita, rendendola proprio quella vita unica ed irripetibile come è ognuno di noi.

Cosa rappresenta per voi la vostra storia? Vi siete mai soffermati a rileggerla, da soli o con l’aiuto di qualcuno?
E se potessimo prendere la nostra storia, magari un capitolo importante che ci ha segnato, che ha lasciato impronte indelebili nel presente e trasformarlo in un oggetto?

Ma questa è un’altra storia, che vi racconterò prossimamente… a presto!

“Gli uomini, per la loro stessa natura,
tendono a darsi una spiegazione
sul mondo in cui sono nati.
Tutti, compreso il più miserabile degli emarginati,
sin dalla nascita si danno una spiegazione della realtà.
E questa li aiuta a vivere.
Senza, affogherebbero nella pazzia”
(Elsa Morante, 1974).